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Il primo Concilio della storia

Il primo Concilio della storia
Quest’anno si ricordano i 1700 anni del Concilio ecumenico di Nicea

29 Novembre 2025 // di don Egidio Todeschini

L’imperatore Costantino – Flavio Valerio Aurelio Costantino, noto come Costantino il Grande (274-337) è stato imperatore romano dal 306 fino alla sua morte. È una delle figure più importanti dell’Impero romano: grande riformatore, riorganizzò il sistema amministrativo e quello militare, volle una nuova capitale a Est dell’impero nel luogo dove sorgeva l’antica Bisanzio: la città si chiamerà Costantinopoli. L’imperatore è però ricordato soprattutto per aver promulgato, nel 313, l’Editto di Milano, concedendo libertà di culto a ogni cittadino dell’impero. Poiché già precedentemente le altre religioni erano tollerate, di fatto l’Editto concesse tale libertà soprattutto ai cristiani, che erano stati fortemente contrastati fino ad allora.

E fu proprio in ambito cristiano che nacquero le prime dispute, la più nota delle quali è riferita ad Ario. Questi (256-336) era un teologo berbero, egli insegnava che poiché Dio è unico, eterno ed indivisibile, suo figlio non poteva essere Dio allo stesso modo, quindi era “inferiore” e subordinato al Padre. Per questo Ario venne più volte scomunicato, ma la sua dottrina era seguita da molti e questo rappresentava un problema per l’unità della Chiesa. E Costantino era consapevole che una spaccatura all’interno della nuova religione (ormai diventata una importante istituzione dell’impero) avrebbe potuto causare grossi problemi e così decise di riunire il più gran numero possibile di religiosi perché discutessero a fondo la questione con Ario e prendessero in merito una decisione unanime e definitiva, ricompaginando la Chiesa. L’imperatore indisse così il primo Concilio Ecumenico, del quale seguì i lavori partecipando personalmente alle sedute.

Occorre ricordare che fin dai tempi delle prime Chiese i Pastori si riunivano in diverse occasioni per discutere le questioni religiose. Questi sinodi non erano però ecumenici.

Il primo Concilio ecumenico – Il termine Concilio deriva dal latino e significa unione, convegno; ecumenico deriva dal greco (oikumene) che significa “mondo abitato” e descrive qualcosa che riguarda il mondo intero, in particolare in ambito religioso.

Costantino convocò a Nicea, distante un centinaio di chilometri da Costantinopoli, 1800 vescovi della Chiesa cristiana, circa 1000 in Oriente e 800 in Occidente, ma date le distanze presenziarono circa 300 vescovi provenienti per la maggioranza da Oriente. Sono arrivati fino a noi alcuni elenchi con i nomi di questi vescovi e delle località di provenienza: dall’Egitto alla Libia, dall’Arabia alla Fenicia, dall’Armenia all’Africa, dalla Mesopotamia alla Lidia, alla Pannonia… È interessante notare come ben 19 vescovi provenissero dalla Palestina, dei quali uno da Gaza, mentre l’Europa era rappresentata da Fedro di Eraclea (Venezia), Osio di Cordova, Vito e Bisenzio presbiteri di Roma, Nicasio di Die nelle Gallie.

Dal 20 maggio i padri conciliari si riunirono nel palazzo imperiale, alla presenza di Costantino. La sintesi del loro “lavoro” è raccolto nella “Dichiarazione dei 318 Padri”.

Ario e la “sostanza” di Dio – La prima questione che i Padri dovevano dirimere era la questione legata alla identità di Dio Padre e di Gesù e alla loro “consustanzialità” che Ario negava. I Padri erano divisi in due gruppi: da una parte i cosiddetti vescovi ortodossi, dall’altra Ario con Eusebio di Nicomedia e i loro sostenitori.

Come detto, la disputa riguardava soprattutto la questione collegata all’identità di Dio, Padre e Figlio, alla loro “consustanzialità”. Se il Figlio fosse creato dal Padre, sarebbe inferiore in qualche modo al Padre e con un inizio che contrasta con la sua eternità. Ario ed Eusebio ebbero modo di spiegare ampiamente la propria posizione, ci furono dibattiti ma alla fine i vescovi ribadirono con decisione il fatto che Dio e Gesù erano fatti della stessa sostanza e il Figlio non era inferiore al Padre. Ario non accettò la decisione della stragrande maggioranza dei padri conciliari e venne condannato per eresia ed esiliato in Illiria. Nonostante questo però le sue idee gli sopravvissero ancora per molto tempo.

Il Credo della Messa – Quando gli Apostoli, dopo la Pentecoste, iniziarono la loro predicazione del Vangelo, capirono che era necessario sintetizzare le verità principali del messaggio di Gesù. Così nacque la prima versione del Credo che ancora oggi è definito “apostolico”, formato da 12 punti che sono la base della fede. La Chiesa lo propone nei tempi di Quaresima e di Pasqua.
Quando poi, alla fine del Concilio di Nicea, l’eresia di Ario venne condannata, fu evidente la necessità che anche tutti i fedeli potessero conoscere e fare proprie le verità espresse dal Concilio. Fu così che i Padri, dopo un lungo lavoro di condivisione, riuscirono a sintetizzare i punti principali del cristianesimo in una dichiarazione che è il nostro Credo. È stupendo pensare che la dichiarazione di fede che professiamo oggi alla Messa è la stessa scritta durante il Concilio di Nicea. Forse oggi la recitiamo un po’ “a macchinetta” ma se ci fermassimo a riflettere su ogni singola parola riscopriremmo che quel testo, velocemente ripetuto ogni volta, è il fondamento completo della nostra fede.

Quello indicato come Credo niceno-costantinopolitano è il frutto del lavoro appassionato, guidato dalla Spirito di Dio, che ha inteso tradurre il messaggio del Vangelo in un linguaggio che possiamo ulteriormente sintetizzare nel concetto che Gesù è veramente Dio e veramente Uomo. E sempre mi emoziona pensare che, quando ogni fedele in ogni parte del mondo, pronuncia un soggetto e un verbo – “io credo” – in quelle parole dette con un solo alito ci sia la stessa fede che unisce tutti i cristiani in ogni parte del mondo.

Il Concilio di Nicea non stabilì “solo” il Credo, ma prese anche altre decisioni (per esempio la data della Pasqua) delle quali sarebbe troppo lungo parlare qui. Rimandiamo magari per questo a una prossima puntata.

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