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La guerra, la pace e noi

LA GUERRA, LA PACE E NOI

30 Settembre 2024 // di don Egidio Todeschini

Ucraina e Palestina, Gaza e Medio Oriente, Libano e Israele, sono i nomi più ricorrenti nei tg, le notizie con le quali siamo bombardati ogni giorno, mentre le macerie si accumulano con morti e feriti in un bollettino di guerra che non fa più notizia. A parte qualche lieve sussulto di fronte alla minaccia nucleare del pazzo di turno.

Certo, noi non abbiamo la possibilità di cambiare in modo diretto le sorti di un conflitto armato ma si impone un imperativo etico che è anche scelta politica: resistere alla tentazione della rimozione, evitare la deriva dell’accettazione di ciò che appare inevitabile. Occorre mantenere vivo uno spirito critico e impedire che l’assuefazione alle notizie dei tg annichiliscano la nostra residua capacità di discernimento.

Giustamente facciamo manifestazioni e preghiere per la pace ma contemporaneamente diamo i soldi alle banche che finanziano i produttori di armi utilizzate nei conflitti ed eleggiamo parlamentari che votano per l’aumento delle spese militari. La mancanza di coerenza porta a scarsa efficacia e a pochi risultati utili.

Attualmente nel mondo sono in corso decine di conflitti: Afghanistan, Myanmar, Yemen, Tigray, Sudan, oltre ai già citati e diversi altri che non fanno notizia sui nostri giornali. Ma allora a che serve l’ONU se non nei casi di soprusi, invasioni, guerre? Dove sono le forze di polizia internazionale? A che servono le risoluzioni di condanna, se poi ci sono cinque nazioni che possono opporre il veto a qualsiasi iniziativa di pace?

“La guerra è solo una fuga codarda dai problemi della pace” scriveva Thomas Mann. Parole che possono dare speranza e coraggio, nella consapevolezza che soltanto una migliore conoscenza reciproca può portare a nuove relazioni tra i popoli.

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” recita l’articolo 11 della nostra Costituzione approvato il 24 marzo 1947. Ci fu un ampio confronto in aula sul verbo da utilizzare: condanna, rinuncia o ripudio? Il presidente della Commissione per la Costituzione, Meuccio Ruini, intervenne per spiegare che “condanna” ha un valore etico più che giuridico, “rinuncia” presuppone un diritto, il diritto alla guerra che si vuole appunto contestare, mentre la parola “ripudia” implica sia la condanna come la rinuncia alla guerra.

Perciò la nostra Costituzione vuole dare un calcio alla guerra. Ma c’è di più: si ripudia quando non si vuole più riconoscere come proprio qualcosa o qualcuno con cui si aveva un legame. L’Italia ripudia la guerra poiché la guerra, purtroppo, l’ha conosciuta e l’ha fatta. A quante guerre ha partecipato l’Italia tra il 1861 e l’approvazione della Costituzione nel 1947? Che cosa ci facevano i soldati italiani in Abissinia, Eritrea, Etiopia, Somalia, Libia, Spagna, Jugoslavia, Albania, Grecia, ecc. Quanti crimini di guerra hanno commesso? E che cosa abbiamo fatto poi per riconoscere l’offesa alla libertà di altri popoli? L’Italia ha chiesto seriamente perdono per le atrocità commesse in terre straniere? Nel calendario civile italiano non mancano le date per ricordare i nostri caduti in guerra, ma dovremmo ricordare anche quelli che abbiamo provocato. Altrimenti non è un vero ripudio, ma soltanto una commemorazione, con il sottinteso che la colpa dei morti è sempre degli altri.

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