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Italia sempre più povera e vecchia

ITALIA SEMPRE PIU' POVERA E VECCHIA
Dall’ultima indagine del Censis gli Italiani risultano impauriti e soprattutto incattiviti. Per altri aspetti però fanno ben sperare

1 Febbraio 2019

Molti i dati statistici relativi all’occupazione e all’integrazione registrati in Italia nel 2018 e riportati dal Censis, Istituto di ricerca socio-economica fondato nel 1964. Si ha l’impressione che gli Italiani siano spaventati dal fatto che la Penisola non si sviluppa più sul piano economico ed industriale, essendo un Paese in declino, ove i cittadini continuano a diminuire nel Sud mentre il Centro-Nord “fa sempre più fatica a mantenere le promesse in materia di lavoro, stabilità, crescita” e, soprattutto, non vede un “futuro di sicurezze”.

Questa incertezza è dovuta anche al timore “per il diverso” e al disprezzo nei confronti degli immigrati. Che, secondo qualcuno, avrebbero dato origine ad “un Paese impoverito, frammentato ed arrabbiato”, quindi desideroso di una “vendetta esistenziale” nei confronti degli stranieri, tanto da trasformarla in atti politici, come fa attualmente il Ministro Salvini definito “Ministro della cattiveria”. Frustrazione popolare generata anche dalle idee politiche dei Cinque Stelle che non sempre piacciono. Ne risulta, secondo l’indagine, “un’Italia sempre più disgregata, impaurita, incattivita, impoverita e anagraficamente vecchia”. Cioè un Paese in degrado ed una popolazione colma del pessimismo che dà origine “all’assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive”. Ed alla mancanza di quella fraternità che spinge ad accogliere gli immigrati e a cercare di italianizzarli, come auspicato da Papa Francesco e dai membri dei partiti di sinistra.

La scarsa ripresa economica ha provocato a 1.793.000 famiglie, solo un terzo delle quali straniere, uno stato di povertà assoluta. Un aumento del 10,6% che, a detta di Massimiliano Valeri, direttore del Censis, ha fatto scattare “la caccia al capro espiatorio: dopo il rancore, è la cattiveria che diventa la leva cinica di un presunto riscatto”. Ostilità dovuto anche al fatto che circa 600.000 stranieri non dovrebbero restare sul territorio italiano perché è scaduto il loro permesso di soggiorno o non è stata accettata la richiesta di asilo, ma sono ancora in Italia. Ai quali si aggiungono i 5 milioni e 333 mila stranieri autorizzati a restare nelle città dove sono stati accolti e si sono integrati.

L’inserimento degli stranieri, secondo quanto affermato dal Censis, sono avvenuti soprattutto al Nord (Trieste, Biella e Genova) ed al Centro della Penisola, dove è maggiore la possibilità di trovare un lavoro. Per l’integrazione mette al primo posto Brescia, poi Bergamo, Lodi, Vicenza, Cremona, Bolzano e Treviso, seguite da Pesaro, Urbino e Pistoia. Scarsa, invece, nel Sud che vede Teramo in 33ª posizione. La posizione geografica e la quantità della popolazione locale hanno probabilmente influito sull’integrazione economica, per la quale figura al primo posto Prato, dove le aziende dei cittadini cinesi permette loro di ottenere stipendi e patrimoni consistenti.

Ottima cosa riuscire ad integrare gli stranieri, i quali, però, se sono Musulmani, possono avere tre mogli, quindi un notevole numero di figli. La natalità, come rilevato dal Censis, scarseggia negli Italiani, ma questo non suscita perplessità né molti commenti sui giornali o riviste nazionali. E trascurano il fatto che ciò comporta la continua riduzione della nostra stirpe. Non solo: anche il non rispetto della nostra religione e delle leggi, tra le quali quella che proibisce la bigamia. Che però non può essere applicata se l’immigrato arriva in Italia con le sue mogli, ma senza i relativi certificati di matrimonio, mancanza che permette loro di presentarle come sorelle o parenti.

Il Censis descrive gli Italiani come popolo in evoluzione, più disciplinato, più rispettoso di regole e semafori, meno dedito a bevute con gli amici, meno propenso a “tirare a campare”, più interessato alla salute e al benessere proprio e degli altri. A stare ai dati dell’indagine, i vizi ed i difetti tipicamente nazionali (quali la sbruffoneria, la furbizia, l’individualismo, il provincialismo, perfino il campanilismo, descritti e messi in caricatura da Alberto Sordi) non sono del tutto scomparsi ma si stanno affievolendo, dando vita ad un cittadino che lentamente ma progressivamente sta evolvendo.

Certo, a loro piace ancora mangiare, “all’italiana”, ma stanno più attenti alla salute. Puntano tuttora sull’aspetto fisico, però cercano di essere non solo belli, ma anche più buoni. La famiglia rappresenta sempre il loro “piccolo mondo principale”, però s’impegnano di più a favore di vicini di casa, anziani, emarginati. Benché insicuri sul futuro, sono tutti convinti che, malgrado le molte preoccupazioni quotidiane, saranno in grado di trovare la soluzione ai problemi.

Le piccole e medie imprese esistono, ma spesso si uniscono per prevalere su quelle straniere, perché, come dice De Rita, Segretario del Censis, l’Italia é capace “di trasformare tale fenomeno in qualcosa di migliore”.

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