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Aspettando la luce – Secondo pensiero e una preghiera

ASPETTANDO LA LUCE – SECONDO PENSIERO E UNA PREGHIERA

28 Marzo 2020

Vi raggiungo con un pensiero, per non lasciarvi soli e per non sentirmi solo. Però io son qui al calduccio a leggere e scrivere, mentre altri sono in trincea 24 ore al giorno a combattere per la vita. Oggi nella mia agenda c’è scritto: sabato, battesimo di… poi Messa a St. Margrethen; domenica, Messa a Buchs, a Balgach, a Schaan, a Mels; a Schaan battesimo di… e nel pomeriggio visite ad alcune famiglie. Nella agenda della vita invece è tutto annullato, sono qui a celebrare da solo, rivedo i vostri volti mentre Dio guarda il vostro cuore. Allora diciamogli grazie perché noi, almeno finora, viviamo in un’isola felice. Dalla finestra il mio sguardo va alla primavera sbocciata nel giardino, quello del cuore arriva a voi e poi si espande sulla mia cara Bergamo, dove stanno morendo tante persone, anche miei amici e pure molti sacerdoti.

Allora mi ritrovo, ci ritroviamo a riflettere, a chinare il capo sulla fragilità della vita e della storia umana. In tempi in cui l’uomo rischia di ergersi a superuomo, nella sua supponenza scientifica, economica e tecnologica, ci scopriamo non solo fragili ma pure impotenti. La realtà ci obbliga ad una umiltà con dei segni che la natura stessa fa esplodere a dire che il mondo è stupendo e nel contempo è fragile ed il nostro progresso è ambiguo, cioè aperto al bene e al male. La globalizzazione economica porta ricchezza, ha fatto uscire dal sottosviluppo nazioni come la Cina e l’India, ma produce anche la terribile conseguenza delle epidemie senza confini. Una volta i virus viaggiavano con le guerre, ora con la globalizzazione economica. Allora siamo chiamati a un bagno di umiltà che apre a Dio con sguardo alla Provvidenza da invocare e al dono di Salvezza da accogliere. Il dramma ci fa sentire solidali, sulla stessa barca, in cerca di un porto sicuro tra le onde e le tempeste che tutti e in vari modi fa trepidare nella traversata della vita.

Chissà che il dramma produca ripensamento anche nel campo della fede e della vita cristiana! Senza tornare a proclami di paure e di castighi, che sono fuori luogo, ma raccogliendo provocazioni che fanno riflettere e inducono a prendere sul serio Dio, il suo Progetto di vita come è compendiato nel Vangelo, codice di vera umanità.

Cantare l’inno di Mameli dai balconi serve a riempire i pomeriggi azzurri e troppo lunghi, così come scambiarsi messaggi su Whattapp serve a tenere alto il morale delle truppe; ma quel che necessita è una grande opera di conversione, dobbiamo diventare “saggi”. Dicono, che una volta passato questo virus farabutto, non saremo più come prima. Magari! Ma se non cambiamo, quando ritornerà la bella stagione, ritorneremo “distratti” come prima.

Per ora “siamo tribolati in tutto, ma non vinti; perplessi ma non disperati; abbattuti ma non annientati; portiamo sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2Cor 4,8-10). Non brancoliamo nel buio! “Io sono la luce del mondo” ci dice Gesù mentre i nostri cuori si sentono invasi dall’oscurità, dai dubbi, dalla confusine, dal dolore. “Chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,16).

Non ci manca il pane ma ci manca Qualcuno che ci guidi. Donaci, Signore, il desiderio di guarire e di uscire dall’illusione di cavarcela da soli e di bastare a noi stessi. Ripeti a noi le parole dette al paralitico “alzati e cammina”. Sollevaci dal lettuccio del lamento, della scontentezza permanente, dell’indifferenza, dell’assuefazione, della pigrizia. Mettici sulle labbra la bella preghiera di madre Teresa di Calcutta: “Signore, mandami qualcuno da amare”.

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