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Aspettando la Pasqua – Pensiero per la Settimana Santa

ASPETTANDO LA PASQUA - PENSIERO PER LA SETTIMANA SANTA

5 Aprile 2020

L’eccezionalità del tempo che stiamo vivendo ci impedisce di fare ciò a cui più teniamo: la libertà di movimento, la privazione degli affetti più cari. Nell’ottica della fede la celebrazione più importante dell’anno è la Pasqua. Ma per la prima volta dopo duemila anni quest’anno non si celebra con la presenza fisica dei fedeli: le Palme, la Settimana Santa, la Pasqua, momenti così importanti nella vita de cristiani, tutto è annullato. La TV, è vero, ci aiuta, permettendoci ad esempio di seguire i riti celebrati dal Papa, ma non è la stessa cosa come partecipare di persona. Allora facciamo “di necessità virtù”, almeno profittando della forzata rinuncia per riflettere e seguire i riti da casa.

Per ora non ha senso ribellarsi, questo tempo è grazia, almeno per chi sta bene, per stare in famiglia, condividendo sofferenze ed aspettative. E’ grazia vivere in questi giorni che possono sembrarci disumani, mentre fuori imperversano morti e dolore diffuso. Sono giorni durissimi per tutti, anziani ma anche giovani e ragazzi, dove il tam tam dei rapporti sociali è affidato non all’incontro bensì al telefono, alla posta elettronica, alle chat, a Skype, alle tecnologie contemporanee. Ci restano ancora i giornali, la TV e la Radio. Non ci manca neppure l’aiuto religioso. La preghiera si alterna alla partecipazione alle funzioni in TV, altrettanti momenti di conforto per lo spirito.

Mi ha colpito, lasciando serenità nel cuore, quello che il vescovo Francesco Beschi ha detto all’incontro di preghiera al cimitero di Bergamo, la città dove i defunti, dato il numero inatteso, non riescono a trovare spazio per il riposo eterno. Ha parlato della preghiera come di grande gesto di amore e così ne ha proposto la forza e la bellezza: “Preghiera del dolore nel cuore, che ha a cuore il dolore, che mette il dolore nel cuore di Dio”. Non è un bisticcio di parole, è una riflessione profonda, attualissima, su cuore e dolore nella prospettiva cristiana. Preghiera come momento interiore di partecipazione alla sofferenza ed anche di fiducioso affidamento; non come magica soluzione (la magia è altro che confidare in Dio) bensì come forza che aiuta e genera speranza. Dovremmo farci tutti più consapevoli del valore della preghiera, specialmente in questo tempo di smarrimento e di panico.

Da qui la supplica di Papa Francesco a Dio perché guardi alla nostra “dolorosa condizione mentre la tempesta imperversa mortale e spaventosa” e l’invito “Svegliati, Signore” che inducono noi a una tristissima realtà ma sollecitano speranza ma anche solidarietà. Le parole di Francesco sono un invito a “cambiare rotta” tornando a Dio e ai Valori. “Se pensavamo di rimanere sempre sani in un mondo afflitto da guerre e da ingiustizie planetarie, ora è tempo di non confidare in noi stessi ma bensì nel Signore, certi che Lui ha cura di noi e non ci lascia in balia della tempesta”. Ricordando “che nessuno si salva da solo” bensì tutti insieme, passeggeri sulla stessa barca.

Non siamo in guerra, come spesso viene detto in questi giorni, ma siamo in cura. Non solo i malati, ma il nostro pianeta, tutti noi siamo in cura. La guerra necessita di nemici, frontiere e trincee, armi e munizioni, di spie, inganni e menzogne, di spietatezza e denaro. La cura invece si nutre di solidarietà, compassione, umiltà, dignità, delicatezza, tatto, ascolto, pazienza, perseveranza. Per questo tutti noi possiamo essere artefici di “cura dell’altro”, del pianeta e di noi stessi con loro. Tutti, uomini e donne, di ogni o di nessun credo, ciascuno con le sue capacità, competenze, principi ispiratori, forze fisiche o morali. Sono artefici di cura medici e scienziati, psicologi e insegnanti, servitori dello Stato e della comunità, preti e vescovi, genitori e figli, amici e vicini di casa. Per questo la consapevolezza di essere in cura – e non in guerra – è una condizione fondamentale anche per “il dopo”; il futuro sarà segnato da ciò che avremo imparato da questi giorni. Le guerre finiscono, la cura non finisce mai.

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